Il Consiglio Europeo ha approvato il piano della Commissione per il riarmo

Giovedì durante la riunione straordinaria del Consiglio Europeo a Bruxelles i capi di stato e di governo dei 27 paesi dell’Unione Europea hanno approvato in via informale un piano da 800 miliardi di euro per il riarmo dei paesi membri e l’aumento delle spese destinate alla difesa. Il piano verrà nuovamente discusso alla prossima riunione ordinaria del Consiglio, in programma il 20 e 21 marzo, e ci si aspetta venga approvato formalmente.

Alla riunione era presente anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Oltre al piano di riarmo i leader hanno discusso del rinnovo del sostegno dei paesi europei all’Ucraina, adesso che il presidente statunitense Donald Trump ha fatto capire chiaramente che il suo governo intende disimpegnarsi il più possibile. In questo caso però non è stata raggiunta l’unanimità, a causa dell’opposizione dell’Ungheria guidata dal primo ministro autoritario Viktor Orbán: il testo che definisce il prolungamento degli aiuti europei all’Ucraina è stato sostenuto da 26 capi di Stato e di governo su 27. Sarà importante capire cosa farà Orbán al prossimo Consiglio di fine marzo, quando i leader dovranno approvare ufficialmente, e all’unanimità, il piano. In quell’occasione, l’eventuale veto di anche uno solo dei 27 rappresentanti potrebbe risultare decisivo per bloccare tutto.

Il piano per il riarmo dell’Unione promosso giovedì all’unanimità era stato proposto pochi giorni fa dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Si chiama ReArm Europe e prevede che i paesi dell’Unione possano aumentare il proprio debito oltre i limiti consentiti, senza rischiare procedure di infrazione da parte della Commissione, fino a un massimo di 650 miliardi di euro, per un periodo di quattro anni. Prevede inoltre un fondo da 150 miliardi di euro messi a disposizione dalla Commissione, da cui i paesi membri potranno ottenere prestiti per finanziare le proprie spese militari.

Quanto all’Ucraina, nel suo comunicato il Consiglio parla di «pace attraverso la forza», del sostegno militare e di garanzie di sicurezza: le stesse che aveva chiesto Zelensky. Dice anche che «qualsiasi tregua o cessate il fuoco si può compiere solo come parte di un processo che porti a un accordo di pace esaustivo». Il primo ministro ungherese Orbán tuttavia si è opposto alla terminologia del testo, sostenendo che vada contro il percorso intrapreso dagli Stati Uniti, che non solo si sono rifiutati di dare garanzie all’Ucraina, ma hanno prima sospeso gli aiuti militari e poi la condivisione di informazioni di intelligence con il paese.

Come Trump, che si è avvicinato molto alle posizioni della Russia, Orbán punterebbe a risolvere la guerra il più rapidamente possibile, senza preoccuparsi di cosa accadrebbe dopo. Nel comunicato si dice comunque che «l’Unione Europea continuerà a fornire all’Ucraina regolare sostegno finanziario».

– Leggi anche: Il piano della Commissione Europea per il riarmo

Giovedì pomeriggio Zelensky aveva diffuso un lungo messaggio in cui ribadiva la necessità di raggiungere un accordo con la Russia per mettere fine alla guerra. «Gli ucraini vogliono la pace, ma non al costo di rinunciare all’Ucraina», ha scritto, aggiungendo: «La vera domanda di ogni negoziato è se la Russia è capace di rinunciare alla guerra». Ha poi ribadito che l’Ucraina continuerà a condividere tutte le informazioni con l’Unione Europea, un riferimento al fatto che gli Stati Uniti stanno parlando separatamente con la Russia.

In serata, dopo l’incontro, ha scritto su X che un avvicinamento rapido verso la pace «è possibile», aggiungendo che al momento si sta lavorando «su proposte concrete». A suo dire il primo passo verso «un accordo più ampio ed esaustivo» potrebbe essere un cessate fuoco che riguardi sia lo spazio aereo, e in cui quindi sia bloccato qualunque tipo di lancio di missili, così come il volo di droni e bombardamenti, sia quello marittimo, in cui vengano sospese tutte le operazioni militari sul mar Nero.

Zelensky ha anche confermato di aver ripreso a collaborare con gli Stati Uniti, dopo gli eventi disastrosi della scorsa settimana. I funzionari ucraini e statunitensi dovrebbero incontrarsi lunedì a Riad, in Arabia Saudita.

Oltre ai leader dei vari paesi membri dell’Unione e delle istituzioni europee, agli eventi hanno partecipando anche l’inviato speciale per l’Ucraina degli Stati Uniti, Keith Kellogg, e il segretario della NATO Mark Rutte. Nel corso della giornata erano stati fatti vari annunci e promesse: per esempio il Regno Unito ha parlato di nuovi accordi da quasi 30 milioni di sterline (circa 35 milioni di euro) per fornire droni all’Ucraina, mentre la Norvegia ha più che duplicato la spesa prevista per gli aiuti all’Ucraina nel 2025, passando da circa 3 miliardi di euro a oltre 7 miliardi.

Zelensky invece ha parlato con anche Filippo, il re del Belgio, in un’udienza privata al palazzo reale di Bruxelles.

Trump e Zelensky si erano incontrati il 28 febbraio alla Casa Bianca, ma l’evento era degenerato in un litigio e a causa delle divergenze sulle prospettive di un negoziato con la Russia il presidente ucraino se ne era andato in anticipo. Già prima dell’incontro, comunque, Trump aveva fatto capire di essere più vicino alle posizioni negoziali del presidente russo Vladimir Putin che a quelle europee e ucraine.

In seguito all’incontro alla Casa Bianca, i paesi europei avevano iniziato a discutere di come reimpostare il proprio settore della difesa. Dopo decenni di discussioni sulla necessità di una difesa comune, da qualche settimana stava effettivamente succedendo qualcosa, e lo scorso martedì von der Leyen aveva presentato il piano ReArm Europe.

Negli ultimi giorni la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni si era mostrata scettica sulle reali possibilità che l’Europa riesca a rendersi indipendente dagli Stati Uniti sul piano militare. Alla fine dell’incontro è sembrata in linea con il resto dei paesi dell’Unione. Meloni ha detto di escludere la possibilità che vengano schierate truppe italiane, e ha insistito affinché l’articolo 5 della NATO venga esteso all’Ucraina, anche senza che il paese faccia parte dell’Alleanza.

L’Articolo 5 è quello secondo cui un attacco armato contro un paese membro deve essere considerato come un attacco diretto contro tutte le parti. Meloni ha anche accolto positivamente i margini concessi per le spese della difesa, ma ha notato che i prestiti potrebbero indebitare ulteriormente alcuni paesi, Italia compresa.

– Leggi anche: L’Europa discute se usare i soldi della Russia per aiutare l’Ucraina

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